di Massimo
Carboni
Docente di Estetica alla Facoltà
di Beni Artistici e Culturali dell'Università
della Tuscia di Viterbo e
all'Accademia di Belle Arti di Firenze.
La pratica artistica è un'anomalia organizzata. E disciplinata in linguaggio. Al
di fuori di questo, ci sono solo le chiacchiere sulla “creatività”. Il lavoro di
Paolo Monti gira costantemente -e ormai da tempo- attorno a questa evidenza e a
questa consapevolezza, attraverso il filtro (e il codice) di una strumentazione
che va dalla più prosaica manualità fino alla più sofisticata apparecchiatura
scientifico-tecnologica. Forse è proprio per questo che esso si propone come
fulcro catalizzatore (o dispersore?) di una serie di riferimenti, problematiche
e questioni spartite su due versanti operativi e concettuali strettamente
interconnessi.
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Da un lato, il lavoro sul danaro, dunque sul feticismo del Valore: desiderio non
della cosa, ma del desiderio stesso. Vertigine dell'astrazione più completa,
della virtualità più disincarnata e nello stesso tempo più fattualmente operante
che possa darsi. Ed il percorso teorico-concettuale va da Marx a Simmel. Monti
prende dunque ad oggetto, concettualmente e materialmente, il danaro: figura
dello stesso e insieme dell'altro, vertigine del Valore, mitologia del Mito. |
Ma
quali sono gli elementi messi in gioco?
<<Il valore di scambio della merce, in quanto esistenza particolare accanto alla
merce stessa>>, scrive Marx nei Grundrisse, <<è denaro; è la forma in cui tutte
le merci si equivalgono, si confrontano, si misurano; è ciò in cui tutte le
merci si dissolvono, ciò che si dissolve in tutte le merci>>. Il lavoro di Paolo
Monti sembra essere allo stesso tempo la parafrasi ed il rovesciamento letterali
della tesi marxiana. Il denaro non è infatti assunto come forma o mezzo e quindi
come equivalente generale, ma come materia sottoposta ad un processo di
deperibilità: si dissolve non nella merce, ma in se stesso. Il segno astratto
regredisce a dato concreto, fisico, a presenza (temporanea). Il denaro non è per
sua natura una merce dotata di valore intrinseco, la sua qualità consiste
esclusivamente nella sua quantità. Monti materializza il valore astratto, il
fantasma; rovescia il processo che porta all'esclusione della merce assunta come
danaro e quindi al costituirsi dell'equivalente generale, riconducendolo alla
sua condizione iniziale di materia-oggetto con un suo estremo, residuo valore
d'uso. In un tempo x, la banconota aggredita dagli acidi si dissolverà, non ne
resterà più alcuna traccia. “Il tempo è danaro”, si dice. Qui è il danaro che è
tempo. Fino alla totale entropia, fino al consumo finale, fino al nulla.
Dall'altro lato, c'è il versante del lavoro di Monti più esplicitamente aderente
a procedure scientifico-epistemologiche, concentrato su una dimensione
ipertecnologica e radicato fondamentalmente nei principi della percezione
sensibile e negli interrogativi da essa sollevati intorno ai rapporti tra
soggetto e oggetto, identità e alterità. Che poi l' “oggetto” sia in realtà un
mondo, un orizzonte di senso, e che dunque prenda vita un'esperienza etica, è
altro discorso. Fatto sta che è l'Altro che ci costituisce; senza dimenticare
che ovviamente noi stessi siamo altri per gli altri. Senza tale distanza non può
originarsi alcuna prossimità.
Tutte queste cose sono note. Qui vengono richiamate in termini molto sintetici
soltanto perch?hanno a che fare -forse più di quanto a prima vista non potrebbe
apparire- con il lavoro più sofisticatamente tecnologico di Paolo Monti. I temi
sono appunto quelli tra identità e alterità, tra soggetto ed oggetto: con i loro
reciproci scambi e slittamenti, con i labirinti cognitivi che li legano l'un
l'altro. Una pratica interattiva dove è lo spettatore che fa sì che l'opera in
quanto tale si manifesti.
Nel lavoro di Paolo Monti certamente si dà, si offre, il “meraviglioso”, il
thaumazein (iper) tecnologico: a vari livelli di potenza e di seduzione, ma
indubitabilmente si dà. Il fatto è che i processi tecnologici (su base fisica o
chimica) sono semplicemente mostrati, senza nessuna elaborazione particolarmente
intrusiva da parte dell'artista. Monti non è alla ricerca del lato
“immaginativo”, “estetico” della Tecnica; non v'è in lui alcuna patetica pretesa
ideologica di “riscattare” umanisticamente la Tecnica fornendole “poesia” o
“creatività”. Qui la tecnologia è utilizzata in modo che essa produca
autonomamente, spontaneamente il proprio thaumazein. Ma perch?ciò accada,
bisogna -con memoria duchampiana- “metterla in posizione”. E questo solo un
artista può farlo.
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testi selezionati
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critici
Testi critici sulla trattazione del denaro nell'opera di Paolo Monti
tazebAu
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progetto itinerante
MUSIS
▪ Paolo Monti e TazebAu
TazebAu al Circolo Bateson
in moto da Venezia a Pechino, 2005
TazebAu messaggero di pace
un filo per. . .
TazebAu moneta relazionale
architettura delle relazioni ambientali
TazebAu vettore di futuro
Lift▪off Sindone 21' 37", 2011
Coopartecipatori al progetto TazebAu
tazebAu
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