di Piero
Pala
Direttore Artistico
Associazione Culturale Complus Events
Nella cosmologia artistica di Paolo Monti risiede una visione del mondo
complessa dove l’arte riguarda un’attività di ricerca dai presupposti
scientifici, in cui l’esperienza creativa abbraccia un’idea d’evoluzionismo
biologico e antropologico, e i contorni non delimitano il solo campo estetico ma
costringono anche a interrogare la dimensione etica a proposito delle facoltà
percettive e immaginative.
L’audacia sperimentale in Monti è senza finalità cosciente e senza interessi da
difendere e corrisponde a una considerazione autoriale che s’instaura a distanza
dal soggetto, di cui Monti intravede i limiti concettuali e processuali.
Abitando in maniera preminente il concetto speculativo, infatti, si abdica alla
natura infinitesimale dal potenziale illimitato dell’Energia/Materia,
e non è irrilevante ricordarsi che Marcel Duchamp ne subì le proverbiali
conseguenze quando constatò “l’impossibilità del fare”.
Nella stessa misura la ricerca di Monti scandaglia i processi intrinseci alle
materie e agli elementi chimici che autonomamente generano e configurano
infinite condizioni epistemologiche. Codeste sopraggiungono nel percorso
creativo di Monti in contrasto all’agonizzante, seppur dominante, arte
contemporanea che del Simplex rimando ha fatto la sua coerente
adeguazione alla cultura odierna. Una corrente pratica artistica tutta ripiegata
sull’incongruente irriducibilità tra l’essere e il mondo.
In Monti invece questa dicotomia non si instaura, e, per evitare la tentazione
che sopraffà nella costruzione di un linguaggio estrinseco ai materiali, si
confronta con l’ignoto avvalendosi della verifica sperimentale che in seguito
andrà a orientare la stessa sfera immaginativa nel suo processo creativo.
Sperimentazione che è attratta da quel logos che governa la natura e che diviene
sempre meno intraducibile attraverso la ricerca scientifica.
Questa impostazione processuale in Monti è conseguente allo spazialismo di Lucio
Fontana tanto quanto alla lezione di Piero Manzoni. Del primo artista ha tratto
l’interesse per l’evoluzione innovatrice che ambisce all’infinito, rapportandosi
nel suo caso pur sempre con le nuove scoperte tecnologiche e confrontandosi con
le informazioni tattili captate dalle proprie mani. Come non sottolineare gli
antesignani interessi di Fontana per veicolare, sul mezzo di comunicazione di
massa per eccellenza, i propri concetti “[...] sulle nuove forme d’arte, basate
sui concetti dello spazio.” contenuti nel MANIFESTO DEL MOVIMENTO SPAZIALE PER
LA TELEVISIONE, 1952.
Di Manzoni invece ha ribadito il ruolo di nemico pubblico che contraddistingue
un vero artista, una controparte che nello studio/laboratorio è avversa al
dominio delle consuetudini estetiche nonché alle tecniche convenzionali, sovente
utilizzando composti tossici e rischiosi per la propria salute e l’ambiente,
come ad esempio il mercurio.
La biforcazione che accompagna l’azione montiana è specifica relativamente alle
due inquietudini strumentali che pungolano le sue pulsazioni: la tecnologia e il
denaro. Qui l’attenzione di Monti piuttosto che essere governata da motivazioni
usurpative è interpellata da una necessità interna alla propria incisiva
attitudine, quella appunto di trovare la giusta accordatura dell’atto creativo
in una categoria logica che sappia disporre l’oggettività scientifica.
Proprio l’aspetto oscuro dello spazio/tempo per Monti è
rinvenibile nell’odierno sistema economico e finanziario che l’artista affronta
al limite della legalità, memore forse della formazione criminale del filosofo
contemporaneo Bernard Stiegler. Il passaggio all’atto, parafrasando il titolo di
un libro di Stiegler, in Monti è forte di una trasgressione attuata con il
taglierino e con sostanze chimiche che amputano e denudano il valore monetario
delle banconote. Un valore a cui l’artista rinnega la sua valenza mercificatoria
e capitalista auspicandone un differente uso come messaggero di pace e
d’incontro tra i popoli.
In Monti quest’effrazione dei codici monetari però ha una natura
molecolare/personale che si distanzia dalle ideologie politiche e muove invece
il proprio percorso creativo da posizioni Kierkegaardiane. Insomma la
partecipazione dell’artista è prettamente impulsiva e incondividibile, sola
rispetto al rumore principale che circonda la pur sempre ammirata contestazione
di massa.
Questo indizio isolazionista produce un dizionario colmo di neologismi che gli
consentono di destreggiarsi con un linguaggio immaginifico che genera anche
controtempi e salti di orbita sonori di un furore alla Kurt Schwitters. Il
progetto TazebAu s’pace,
con i suoi rimandi non solo fonetici al Merzbau (Merz costruzione) dell’artista
tedesco, lo spinge a una geomanzia epilettica per ricavarne una disamina del
globo terrestre in cui si sono sedimentate tracce che gli permettono non solo di
perpetuarne il passato e la tradizione ma che ne preservano anche la stessa
coscienza storica.
L’onnivora inclinazione terminologica montiana, impiegata per l’elaborazione del
TazebAu s’pace, allude inoltre
all’acronimo T.A.Z. (Temporary Autonomous Zone) dello scrittore noto con lo
pseudonimo di Hakim Bey. Il solco dell’anarchico statunitense è battuto da Monti
con la convinzione di un’offensiva artistica, strategica e tattica, che
attraversi la dimensione spazio-temporale invertendone le sentenze d’intenti e
modellandosi in applicazioni ricostitutive, scevre da quei perpetui moti
rotatori dettati da irrimediabili mostruosità.
L’osservazione del mondo interconnette l’artista anche oltre l’ambiente
terrestre; infatti, l’ultimo capitolo del suddetto progetto è denominato “Infra-TazebAu
s'pace 2011. Informazione in Rivoluzione. C.G.B*. Satellite a Propulsione
Epistemologica. Sindone 21’ 37” R.F.I.D.”, dove *C.G.B.
è l’acronimo di Circolo Gregory Bateson. Una banconota da un dollaro americano a
cui è stata sottratta l’epidermide grafica e iconica è stata collocata sul
microsatellite EduSat realizzato dagli studenti del G.A.U.S.S. (Gruppo di
Astrodinamica dell’Università degli Studi “la Sapienza”) e lanciato in orbita
nell’estate del 2011. Durante la mostra sarà possibile osservarne il
tracciamento in tempo reale dell’orbita del satellite, eletto da Monti a sua
galleria orbitante.
L’accresciuta preoccupazione dell’artista nei confronti del sistema economico e
finanziario lo denotano come un indicatore delle anomalie che presiedono al
controllo e allo sfruttamento delle risorse naturali. L’attività di monitoraggio
del microsatellite EduSat dei rifiuti intergalattici è indicativa inoltre di
quell’interesse verso la tutela ambientale che lo contraddistingue nel suo
percorso di sperimentazione artistica. Per paradosso, il missile che ha lanciato
in orbita il satellite medesimo ha una sua origine e destinazione tutt’altro che
pacifica. Se la sua denominazione, SS-18 'Satan' ICBM, palesava un dissuasivo
bellico tipico del periodo della Guerra Fredda, la sua dirompente minaccia
atomica oggigiorno ha subito un processo di denuclearizzazione.
Dovendo profetizzare nuovi viaggi e insediamenti umani nello spazio, tenendo a
mente il 50° anniversario del primo volo umano nello spazio (effettuato dal
cosmonauta e aviatore sovietico Yuri Gagarin a bordo della navicella Vostok 1),
quest’ultimo progetto di Monti lascia intendere una attenzione spasmodica al
rinnovamento con l’imprescindibile necessità di seminare e raccogliere nuovi
input energetici.
Essere trasmettitori in perenne vibrazione.
Risulta perciò evidente nell’operare di Monti una comprensione autentica di quel
pensiero olistico tanto caro a Bateson con cui svelare quella tendenza ai
rapporti che complementano il postulato “giochiamo e siamo giocati”. Laddove
però avvenissero consistenti fratture nei tre sistemi teorizzati da Bateson
(l’individuo, la società in cui l’individuo vive e l’ecosistema) il gioco in
Monti perderebbe la sua competitività, anzi lo stesso sarebbe ben lieto di
dispensarla, in quanto l’interesse dell’artista è mosso da un unico principio,
quello più volte dichiaratomi dallo stesso “dell’adesione alla storia e
non alla cronaca”.
Affinché possa giungere al culmine di questa tensione peculiare, a un nuovo
adattamento ammonitrice che non coincida con il comune sentire, Monti ha fatto
propria la necessità di ripartire dall’idea sistemica batesoniana, quella
dell’interconnessione di più cose apparentemente diverse.
La generica premessa sulle modalità operative di Monti e sulle implicazioni di
natura teorica e tattile, a cui egli si ricongiunge, ci permettono meglio di
addentrarci nella sfera immateriale dell’arte; forse la più coinvolgente per i
sensi, quella per appunto degli audiovisivi.
Tutti i video di Paolo Monti dal punto di vista tecnico si contraddistinguono
per un uso non filmico dei dispositivi video (e quindi che non determinano un
linguaggio cinematografico di derivazione narrativa) se non per la stessa
assenza degli stessi dispositivi. Cameraless animation è una tecnica
cinematografica adottata pioneristicamente e con parziale insoddisfazione
dapprima dai futuristi Ginna e Corra, e in seguito ma senza alcun esito
produttivo da Leopold Survage.
Man Ray invece fu il primo a usare la tecnica del rayogramma nei film per alcune
sequenze del suo "Le Retour à la Raison" (1923). La Cameralees animation divenne
di primario interesse dal decennio successivo per cineasti e artisti che
utilizzavano la pellicola, tra gli altri Len Lye, Norman McLaren, Luigi
Veronesi, Harry Smith, nonché per José Antonio Sistiaga, Stan Brakhage, John
Whitney, Pierre Hebert. Dalla fine degli anni '50 inizio anni '60 nei laboratori
del MIT e dell’IBM e in seguito presso quelli della Bell presero forma i primi
esperimenti di Computer graphic animation di John Whitney, Ken Knowlton (Michael
Noll, Lillian Schwartz e Stan Vanderbeek) Larry Cuba (computer graphics per Star
Wars). La Computer art italiana si sviluppa invece negli anni ’80 attraverso
Crudelity Stoffe (Michele Bém e Marco Tecce software autoprodotti), Adriano
Abbado, Mario Canali, Riccardo Sinigallia (Correnti Magnetiche) e Guido
Vanzetti.
L’impiego delle tecniche Cameraless e Computer graphic, in cui vanno collocate
le opere video di Monti, non consentono fraintendimenti di sorta sull’interesse
specifico degli autori verso questi supporti, pellicola, software. Questi perciò
non sono usati convenzionalmente o in maniera residuale come strumenti per
mettere in scena il reale, attraverso una matrice letteraria o teatrale, ma per
evocarlo nella ricezione cinematica con tutta una serie di metafore e analogie.
Acclarato che la ricezione cinematica dapprima attiva delle risposte
fisiologiche del sistema neuromuscolare, e solo successivamente queste
informazioni audiovisive saranno integrate dalle facoltà mentali (vedi Umberto
Eco in La definizione dell’arte, 1983), risulta ovvio che quando i
media cinematografici e/o video vengono utilizzati dagli artisti nel rispetto
della loro singolare autonomia creativa si tratterà sempre di un prolungamento,
dell’ intento di estendere la propria visione artistica nella dimensione del
tempo attraverso lo spazio.
Un ulteriore preambolo è fondamentale per configurare il frammentato universo
che distingue il cosiddetto cinema d’artista e/o sperimentale da quello ad
esempio dell’industria cinematografica. La dubbia funzionalità al mercato di
questo filone cinematografico ha permesso agli artisti di concentrarsi sul ruolo
enigmatico e paradossale della visione, districandosi tra tecniche e principi
etici.
Per quanto riguarda l’aspetto analitico e filosofico, nei video di Monti
predomina l’assenza della rappresentazione naturalistica della figura umana e
ritorna preminente l’intento di voler ricostruire un nuovo immaginario per darsi
nuove dimensionalità, trovare quindi un’altra collocazione, nuovi assetti
territoriali, in sostanza una nuova visione epistemologica.
Nondimeno distinguibile e sempre esemplare è il suo lavoro performativo
(sollecitando campi magnetici) e quello installativo (su superfici plexiglass o
su intonaco) trattate con reagenti chimici, in entrambi i quali l’opera si
predispone ai cambiamenti stocastici nel mutamento delle forme e dei colori,
producendo eterei cinematismi e quasi impercettibili variazioni monocromatiche,
nel primo caso elaborati attraverso l’azione fisica performativa, nel secondo
indotti dalle termoresistenze sollecitate da fonti di calore e di luce prodotte
nell’ambiente che ospita le installazioni.
Già dal suo primo video Flottage, Specchio Elastico, 1996, Monti
chiarifica la sua protesi epistemologica videografica impiegando una video
camera termica o termocamera che registra le radiazioni elettromagnetiche e
quindi anche il calore con uno spettro in falsi colori. Monti, naturalmente
attratto dalla natura segreta delle cose, segreta in questo caso per la vista
dell’uomo, punta a mettere in genesi non solo il punto di vista degli animali
ben espletato nel libro di Franco Cassano Approssimazione: Esercizi di
esperienza dell’altro, 1989, ma la sua stessa essenza fisionomica.
Alla fine degli anni ’90 Monti si apparenta con la sperimentazione olografica
concependo performance e video installazioni in cui padroneggia la
retroazione/retroregolazione (feedback) all’interno di un circuito
chiuso. Monti, sollecitando i campi magnetici attraverso l’uso di due video
camere, poste l’una di fronte all’altra, e compiendo nello spazio perfomativo
predisposto azioni di vario tipo, differisce dalla fissità apparente della
natura.
Di questo periodo sono i lavori Fronte d’onda, Rugiada Armonica
poi Risonanza Armonica, tutti realizzati senza l’ausilio della
post-produzione e registrando processi autogenerativi che si auotorganizzano in
modalità stocastica a ogni variazione del sistema. Il campo estetico e l’aspetto
visivo di queste opere video hanno una loro propria realtà intrinseca che è la
riproduzione oggettiva e verosimilmente anche l’insieme del matematico Benoé
Mandelbrot, meglio conosciuta come teoria dei frattali. Le forme geometriche in
questione hanno un livello di complessità differente alla geometria euclidea. Il
feedback delle sequenze dinamiche, attivate dalle oscillazioni di onde sonore e
luminose, determinano infatti suoni e immagini in evoluzione che ricordano
l’autosimilarità della geometria frattale.
Questi video potrebbero essere ricondotti all’astrazione, alla rappresentazione
non oggettiva, sennonché tutto ciò non è invenzione del pensiero umano ma esiste
di per sé
Però paradossalmente nondimeno sorprendente potrebbe risultare la similitudine
con il cinema astratto delle avanguardie storiche, e gli hand-paint films di
quel periodo e degli anni a venire nonché della primissima computer graphics
video. Allo stesso modo I colori della luce, 1963, un film, di
Bruno Munari e Marcello Piccardo, ripreso a luce polarizzata, risulta
oggettivamente premonitore di quei video di Monti sia per l’impiego di uno
schermo in vetro, che seziona il raggio di luce diretto nella macchina da presa,
sia per l’assenza di montaggio. Opere video nelle quali l’artista concorda alla
materia di manifestare le sue più intrinseche potenzialità e verità in un
orizzonte sistemico dove la comprensione pertinente il mutamento e l’invarianza
è tutta da esplorare.
E pur in un serrato confronto con il dominio della trasformazione per mezzo
della Tecnica c'è in ogni caso in Monti ancora un richiamo geofisico per
catalizzare un coinvolgimento bio-ambientale con il fondato sospetto che
l’impiego dell’odierna tecnologia nasconda obiettivi pericolosi e preluda ad
un’indiscriminata e catastrofica potenza da parte dell’uomo.
Con Odoralo e' buono!, 2001, Monti documenta la
combustione di una banconota da 1$, inserito in un contenitore che era esposto
nel progetto VIERDIMENSIONAL² kunstausstellung Von Università di Costanza,
inserendo come complemento audio un commento del filosofo nonché fondatore della
teoria dei sistemi Ervin Lazlo che invita i partecipanti al dibattito a fare
dal basso la rivoluzione. In questo lavoro Monti rimette in gioco in uno dei
suoi campi prediletti, quello per l’appunto dell’economia e nello specifico del
denaro, andando a rinnovare ma controvertendola l’analogia con l’alchimia, la
trasformazione della materia alla sua primitiva natura. E sin dal titolo
l’esortazione di Monti non lascia dubbi di sorta sulla primaria natura a cui fa
riferimento.
A seguito di 30 anni di aggressioni e indagini istopatologiche e autoptiche
sulle banconote, Monti nel 2006 realizza TazebAu ▪ Luce dagli occhi,
(Braille sensorial banknote) Music: Earl Howard & Denman Moroney –
extrapolating accelerated from Uncaged Bacchanal. Utilizzando un microscopio in
3D a doppia ottica in un ambito di applicazione della 'computer vision' Monti
effettua misurazioni ottiche e visiona la morfologia della superficie della
banconota analizzandola all’infinitesimo, mostrandone le linee di forza e
creando come sostiene lui “una sovrastruttura olografica, una protesi di
salvezza”.
Nell’atto di Bucare gli occhi di George Washington capovolge inoltre un assioma
permettendo alla luce di provenire dagli stessi, operando quindi un trattamento
semiotico attraverso interferenze induttive. In un crescendo sonoro l’icona
della banconota, inquadrata da differenti prospettive, restituisce un profilo in
3D, e diviene lo strumento più appropriato per far emergere il dissonante
rapporto tra una visione unitaria, che sappia evitare cesure sistemiche e tener
di conto di un ecosistema dalle interconessioni casuali, e quella prettamente
monetaria del sistema finanziario ed economico che partendo da premesse
riduzioniste risulta meno flessibile ed è rivolta all’immediato tornaconto di
una piccolissima parte dell’insieme.
Con il trittico video installativo TazebAu s’pace, Informazione in
rivoluzione. C.G.B. Satellite a propulsione epistemologica, del 2008,
Monti mette in rassegna la documentazione dell’omonimo progetto estrapolandone
frammenti dei vari passaggi, essendo il progetto in progress, ed inserendo come
traccia sonora l’omaggio a John Cage, Music Is Not Music, del
musicista e compositore Alvin Curran.
Un percorso videografico (ma anche performativo e installativo) quello
dell’artista in perenne lotta con la limitazione oggettiva dei materiali e degli
strumenti a disposizione lo connotano di uno straordinario coraggio e di
incredibile perseveranza, che egli porta avanti non curante delle difficoltà
sostanziali. Salvaguardare la sacralità della conoscenza dell’intero cosmo dello
scibile, nel profondo timore di se stessi, è uno degli obiettivi di Monti il
quale ha deciso di farcene partecipi attraverso la sua opera e la sua
frequentazione.
Non possiamo che gratificarci di questa sua continua disponibilità a mettere in
luce il potenziale illimitato della natura e della mente umana.
Roma, Aprile 2013
Piero Pala - Direttore Artistico Associazione Culturale Complus Events
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