Ideato da
i montirossi per la loro tesi di laurea in
architettura su di un polo scientifico e museale, il video è
il veicolo principale del progetto architettonico, al quale
viene affidato il compito di guidarci nelle sue profondità.
Cunicoli scavati nella memoria che si animano di eteree
presenze. Identità dei luoghi evocati attraverso la voce,
che si fanno suono, quindi immagine. Percorrerli è
ricordare. Ricordare e scoprire il segreto dell’intimità.
Intimità rifugio dell’anima, custode del sacro, dove la
mente tace e si abbandona al sogno.
Ispirato all’opera di Gregory Bateson, il video, come un
canto, evoca ed edifica spazio per offrirlo all’esplorazione
e al movimento, dove ciò che conta è l’esperienza del
proprio muoversi e viaggiare. Un sentire oltre il visibile.
Un ascoltare oltre l’udibile. Uno sguardo interiore che si
fa visione. Come raggiungere un simile luogo senza i luoghi
che lo precedono? Come la profondità si scava dietro altezza
e larghezza, come il tempo si scava dietro lo spazio, così
il video ci conduce verso un’altra dimensionalità
dell’essere. Un luogo della mente, appunto, o forse un luogo
dell’indefinito, dove non esistono categorie di luoghi, ma,
solo quei luoghi. Un addensamento provvisorio di materia
fluttuante coincidente con il pensiero di stare lì, solo lì,
ora, come purezza dello stare.
Endocamere, microscopi a scansione elettronica, sistemi ad
infrarosso, analizzatori di spettro luminoso, rilevatori di
presenze, solo alcuni dei materiali impiegati nelle riprese.
Campi magnetici, muri ad aria compressa, solai e scale
telescopiche, talpe meccaniche, tunnel di teletrasporto sono
gli elementi compositivi, organizzati da una medesima
matrice. La struttura autopoietica del video, in grado di
autoriprodursi e autoorganizzarsi, limita la
postelaborazione al solo montaggio tentando di mantenerne il
carattere analogico come ipotesi concreta di possibile
costruttore di mondi.